Il biancospino, pianta arbustacea, dalle origini e caratteristiche alle cure e coltivazione, dall’impianto alle tecniche di moltiplicazione, dagli utilizzi alle malattie e parassiti.
Pianta arbustacea di taglia media che può raggiungere i 5-6 m di altezza. Il biancospino, pianta ornamentale da fiore e da frutto, (crataegus), specie a foglia caduca, conserva il suo interesse anche quando diventa spoglio, grazie alle bacche rosse, di cui si copre dopo la fioritura, e per il suo portamento estroverso ma naturale. Della famiglia delle Rosaceae, il biancospino è un arbusto con spine sottili, foglie picciolate di colore verde pino e fiori bianco-rosa a 5 petali tondi. La fioritura si concentra nella stagione primaverile, mentre il frutto giunge a maturazione in pieno inverno. Cresce spontaneo nelle boscaglie fino a 1500m di latitudine. Pianta abbastanza longeva, che può vivere più di 30 anni, caratterizzata da un legno molto duro, che viene utilizzato per costruire pregiati bastoni. Il biancospino è una pianta apprezzata dai bonsaisti, in quanto potenzialmente possiede tutte le caratteristiche per diventare un buon bonsai: la crescita lenta; il portamento brioso e disinvolto; l’abbondante fioritura; la predisposizione a farsi modellare. Per gli antichi greci rappresentava il simbolo della speranza.
Al biancospino vengono riconosciute proprietà terapeutiche e curative, quali astringenti e antispasmodiche. Trova impiego come vasodilatatore, ricostituente, cardiotonico, ansiolitico, per la cura dell’insonnia e nelle nevrosi cardiache. In gastronomia il frutto viene usato come ingrediente di marmellate e sciroppi. Nell’industria dei cosmetici viene usato per le sue proprietà rilassanti.
Il biancospino è una pianta particolarmente rustica che si adatta ai vari tipi di clima e alle varie esposizioni, dal clima temperato freddo a quello caldo, dall’esposizione soleggiata a quella completamente in ombra, anche se ne risulta condizionata l’esuberanza della pianta ed il rapporto tra massa fogliare e fioritura. Una posizione soleggiata assicura una pianta più rigogliosa ed una fioritura più ricca e duratura. Come per il clima, anche con riguardo al terreno, il biancospino è poco esigente, si adatta bene ai vari tipi di terreno, da quelli calcari e sabbiosi a quelli torbosi e argillosi, pur prediligendo un terreno profondo e drenato ed una posizione moderatamente soleggiata. Un terreno dove le radici sono libere di espandersi e che non presenta problemi di ristagni idrici.
Per l’impianto del biancospino si può partire dal seme da interrare direttamente nella dimora definitiva alla fine dell’inverno-inizio primavera o da piantine da mettere a dimora da primavera inoltrata all’inizio dell’inverno, con eccezioni dei periodi caratterizzati da caldo eccessivo, soprattutto se l’esposizione è particolarmente soleggiata. I semi giunti a maturazione in pieno inverno, prima di essere piantati, vengono sottoposti al procedimento di stratificazione per 12-18 mesi in un substrato soffice e umido in genere di sabbia, con lo scopo di scuoterli dallo stato di dormienza e stimolarne la germinazione. Presso vivaisti specializzati è possibile reperire piante di biancospino alte da poche decine di cm fino ad oltre un metro. Ciò consente di attenuare l’inconveniente della crescita lenta che caratterizza la specie, che richiede 3-4 anni per diventare adulta. Le piantine vanno distanziate in funzione della grandezza, passando dai 40-50cm per piante alte 50cm circa ai 70-80cm per piante che sfiorano il metro di altezza. Per la messa a dimora in vaso o piena terra:
1-procurare un contenitore o scavare una buca di una capacità doppia del pane che ospita la massa radicale della pianta da interrare;
2-sistemate sul fondo del vaso o della buca uno strato di 3-4 cm di ghiaia, in modo da assicurare un buon drenaggio, cui fate seguire uno strato di letame maturo di eguale spessore;
3-coprite il letame con uno strato di terreno e poggiate la pianta nel vaso o nella buca, senza danneggiare il pane, ossia la massa radicale;
4-riempite il vaso o la buca e pressate leggermente il terreno alla base della pianta, che finirete di compattare con una sottile annaffiatura.
Regolare, in funzione dell’esposizione, della stagione e della zona climatica. Per le piante coltivate in piena terra e per gli esemplari coltivati in contenitori sistemati all’esterno su balconi e terrazzi, il nostro onere è quello di integrare le annaffiature eseguite dalle piogge. In ogni caso, bisogna tenere presente che le esigenze delle pianta in vaso sono maggiori e diverse da quelle coltivate in piena terra.
Le radici delle piante in vaso dispongono di una quantità limitata di terreno e non sono libere di espandersi a proprio piacimento alla ricerca di terreno più fresco e più fertile. Esse subiscono in misura maggiore le escursioni termiche. A scopo indicativo, per un aerea caratterizzata da un clima temperato mite, durante la primavera e l’autunno potrebbe risultare sufficiente annaffiare anche 1-2 volta al mese, mentre durante l’estate potrebbe risultare necessario annaffiare almeno 2-3 volte alla settimana, per sospendere o ridurre drasticamente gli interventi durante l’inverno, tranne casi eccezionali, caratterizzati da lunghi periodi di siccità. Bisogna annaffiare lentamente e a sufficienza, ripetendo l’operazione più volte a distanza di pochi minuti, fino a quando l’acqua non fuoriesce dai fori di drenaggio per la pianta in vaso o ristagni in superficie per gli arbusti in piena terra. E’ meglio innaffiare una volta in meno, ma in maniera adeguata. Possiamo concludere dicendo che il biancospino non richiede molta acqua e che gli interventi più significativi si concentrano durante l’estate e la tarda primavera, periodo di fioritura.
La prima e importante fertilizzazione si effettua in occasione della preventiva lavorazione del terreno, interrando stallatico maturo, in ragione di 2,5-3Kg per mq, a 30-35cm di profondità. In mancanza, si provvede in occasione della messa a dimora della pianta, sistemando in fondo alla buca o al vaso uno strato di letame, subito dopo la ghiaia. Operazione da ripetere annualmente interrando, a fine autunno-inizio inverno, stallatico maturo ai piedi della pianta. Durante la stagione vegetativa, da marzo a settembre, per massimizzare e prolungare nel tempo la già abbondante fioritura, ogni 30-40 gg bisogna diluire nell’acqua destinata all’annaffiatura concime liquido a base di fosforo e potassio, nel rispetto delle dosi consigliate e riportate sulla confezione.
I periodi maggiormente indicati per la potatura di questo arbusto coincidono con la fine dell’autunno-inizio inverno e la fine dell’inverno, evitando il periodo di dormienza che tra l’altro è anche quello caratterizzato da condizioni climatiche più estreme. La scelta della tecnica dipende dalla destinazione della pianta. Il biancospino, infatti, può essere destinato a realizzare siepi compatte o aree cespugliose. Nel primo caso l’intervento, che possiamo definire di contenimento, mira a conservare nel tempo la forma raggiunta, nel secondo caso l’intervento mira a sfoltire il cespuglio per meglio arieggiare la chioma. Al fine di infoltire la vegetazione basale, che col tempo tende a diradarsi, è possibile programmare un intervento di potatura drastico, con il quale gli arbusti vengono recisi a pochi centimetri dal suolo, in modo da rinnovare l’intera parte aerea della siepe o del cespuglio. Al fine di contenere, per ragioni estetiche o di spazio, la crescita dei nuovi getti, da marzo a settembre si possono eseguire interventi di cimatura.
Sebbene, come abbiamo detto, il biancospino è una pianta particolarmente rustica, che tollera il freddo, durante l’inverno, sia per gli esemplari coltivarti in vaso che per quelli coltivati in piena terra in giardino, è opportuno proteggere la massa radicale dalle gelate notturne, con un intervento di pacciamatura da eseguire ai piedi della pianta con agritessuto, in mancanza di paglia o fogliame.
Per seme e per innesto.
Qualora al memento dell’impianto non si è optato per un contenitore sufficientemente capiente, compatibile con le esigenze della pianta adulta, si potrebbe ravvisare la necessità di rinvasare il biancospino ogni 3-4 anni, considerato che la specie presenta una crescita piuttosto lenta. In ogni caso, l’intervento diventa improcrastinabile ogniqualvolta la massa radicale finisce per occupare una buona parte dello spazio destinato al terriccio. In ogni caso, annualmente, all’inizio della stagione vegetativa, marzo-aprile, bisogna sostituire la maggior parte del terreno, senza stressare la pianta. In occasione del rinvaso, bisogna utilizzare un terriccio composto per metà dal comune terreno di giardino e per la restante metà di torba e sabbia in parti eguali.
La rusticità della specie, non solo ne consente la crescita in presenza delle svariate condizioni climatiche e tipologie di terreno, ma la rende pressoché inattaccabile da parte di malattie da fungo e parassiti animali. Ciò nonostante, in presenza di condizioni climatiche particolari e di omesse o errate pratiche colturali potrebbe diventare vittima di malattie fungine, come l’oidio, o preda di attacchi di parassiti animali, tipo gli afidi o pidocchi delle piante, la cocciniglia ed i bruchi. L’oidio o mal bianco è costituito da una sorte di muffa polverosa biancastra che invade la massa fogliare, provocando la deformazione delle foglie. Si combatte con appropriati fungicidi e rimuovendo le parti colpite dal fungo. Gli afidi sono piccolissimi insetti, di colore più o meno scuro, che vivono in colonie sulla parte aerea della pianta, nutrendosi delle linfa della stessa. Le punture diventano potenziali veicoli di infezioni. Si combattono con appropriati insetticida e rimuovendo materialmente i ramo maggiormente infestati, che vanno possibilmente bruciati. Dagli attacchi della cocciniglia ci si difende spruzzando olio di pino sulla massa fogliare. Come per tutte le piante si potrebbe valutare l’opportunità di interventi preventivi con insetticidi specifici, evitando quelli a largo spettro, che finirebbero per combattere anche gli insetti non nocivi. Per approfondimenti su come riconoscere, prevenire e combattere l’oidio, gli afidi e le cocciniglie, potete consultare le guide: “Oidio”, “Afidi” e “Cocciniglia”.
In ottobre-novembre quando giungono a maturazione.
Nel disporre i semi a strati in un substrato di soffice e umido, generalmente di sabbia, per circa un anno, prima di piantarli.
Per scuoterli dallo stato di dormienza e stimolarne la germinazione.
Con l’arrivo della primavera.
Da poche decine di centimetri ad oltre il metro.
Dipende dalla grandezza. Piantine alte un metro circa vanno distanziate di 80cm circa.
CORRELATI
Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire funzioni social e analizzare il traffico. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando un qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie e dichiari di aver letto la nostra Cookie Policy e la Privacy Policy. Per saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie consulta la nostra Cookie Policy. |
Attrezzi Auto Casa Costruzioni Forum Giardinaggio Giardino Guide Impianti Materiali Mobili Muratura Rivestimenti