Clematide rampicante

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Clematide rampicante coltivazione, dalle origini alla varietà sempreverdi, dalle caratteristiche e utilizzi alle cure colturali, dalla moltiplicazione alla clematide in vaso, alle malattie e avversità.

Informazioni sulla pianta di clematide (clematis).

La clematide (clematis), caratterizzata da una profumata fioritura che offre dall’inizio della primavera alla fine dell’estate, è un rampicante molto indicato per rivestire in maniera veloce pergolati, grigliati e gazebo. Della famiglia delle Ranuncolacee, originaria dell’Europa, Asia e America, prevede specie sempreverdi e varietà a foglie caduche. La gran parte di esse sono a portamento rampicante, ma non mancano varietà a portamento arbustive e specie erbacee. I fiori variamente colorati, sono particolarmente grandi per gli ibridi realizzati dai vivaisti. La clematide, pianta tossica come tutte le specie della famiglia cui appartiene, è considerata una varietà rampicante in quanto si avvinghia al sostegno senza l’intervento dell’uomo. Allo scopo, utilizza le foglie o meglio i piccioli, per cui a differenza dei "veri" rampicanti, come l’edera, il gelsomino, la vite canadese, non riesce ad aggrapparsi ad una superficie piana, come il muro, anche se rugosa. Necessita di sostegni che prevedono elementi sottili, come il filo di ferro. Nonostante presenta, come abbiamo detto, una crescita veloce e un’interessante fioritura non è un rampicante molto presente nei nostri giardini. Tra le poche specie che crescono spontanee nel nostro paese, le più note sono la clematide vitalba, i cui tralci possono superare i 15m metri di lunghezza, e la cosiddetta clematide alpina , i cui tralci superano il metro di lunghezza. Quest’ultima deve il nome all’attitudine a vivere anche oltre i 2000 metri di altitudine.

Clima e terreno adatto alla coltivazione.

Predilige un clima temperato mite, e una posizione moderatamente soleggiata. Possibilmente, bisogna assicurare alle radici una zona a mezzombra, mentre la parte aerea sopporta bene una posizione soleggiata. Teme il freddo, in particolare con riguardo alle varietà meno rustiche, che vanno preservate da situazioni climatiche estreme. Il terreno deve essere ricco di sostanze organiche, leggero e ben drenato. In presenza di un terreno argilloso e molto compatto, che potrebbe creare problemi di ristagni idrici, al momento dell’impianto va corretto con l’aggiunta di sabbia e/o ghiaia.

Impianto in vaso e piena terra della clematide.

Il periodo maggiormente indicato per la messa a dimora delle clematidi rampicanti a foglia caduca va da settembre a novembre, mentre per le varietà sempreverde va da marzo a giugno. In pratica, per la messa a dimora in vaso bisogna optare per le stagioni miti, primavera e autunno, evitando i periodi troppo caldi o troppo freddi.

Come procedere per la messa a dimora. 

1-Procurata la piantina, scavate una buca di dimensione doppia a quella del pane che contiene la massa radicale, per quanto riguarda la larghezza, e almeno tripla per profondità o procurate un contenitore sufficientemente grande.

2-Sistemate sul fondo della buca o del vaso uno strato di 2-3 cm di ghiaia, per assicurare un buon drenaggio, procedete con uno strato di eguale spessore di letame maturo, quindi coprite quest’ultimo con uno strato di terriccio, per evitare il contatto diretto delle radici con il letame.

3-poggiate la pianta nella buca o nel vaso e riempiteli rispettivamente di terreno o terriccio, facendo in modo che il colletto della pianta venga interrato di 4-8cm, in funzione della grandezza della stessa;

4-Comprimete il terreno attorno alla massa radicale e fate seguire una sottile annaffiatura per meglio compattarlo alle radici.

5-Terminato l’impianto, se non già fatto, sistemate i sostegni, in modo che la pianta possa arrampicarsi fin dal primo momento, e recidete gli steli a circa 30cm dal suolo per favorite l’emissione di nuovi getti laterali. Le caratteristiche dei sostegni devono essere compatibili con il sistema utilizzato dalla clematide per arrampicarsi (utilizza i piccioli).

Pratiche colturali.

Annaffiatura.

La frequenza e l’intensità degli interventi di annaffiatura vanno tarati in modo da assicurare alla clematide un terreno che conservi nel tempo un certo grado di umidità. Bisogna far leva sul buon senso e l’esperienza regolandosi in funzione della stagione, della zona climatiche, dello stato e dell’età della pianta (le clematide giovani temono maggiormente la siccità; per prolungare la fioritura occorre incrementare gli interventi di innaffiatura). A titolo esemplificato: durante la stagione invernale, tranne casi particolari di prolungate siccità, le annaffiatura vanno sospese; durante le stagioni intermedie, autunno e primavera, potrebbe essere sufficiente annaffiare 1-2 volte al mese, in funzione della piovosità del periodo; durante l’estate potrebbe risultare necessario annaffiare a 1-2 volte alla settimana. Bisogna annaffiare lentamente e in abbondanza, ripetendo l’operazione a distanza di qualche minuto, fino a quando l’acqua non viene assorbita dal terreno con regolarità ma ristagna in superficie, per gli esemplari coltivati in piena terra, o non compare nel sottovaso per le clematide coltivate in vaso. Si consiglia di annaffiare una volta in meno, ma a sufficienza, evitandole ore calde della giornata. In ogni caso, bisogna rimandare l’intervento se il terreno non è completamente asciutto.

Concimazione.

|La prima fertilizzazione del terreno con letame maturo viene in genere eseguita durante la preventiva lavorazione del terreno.

In mancanza, uno strato di 2-3cm stallatico maturo, viene sistemato in fondo al vaso o alla buca, subito dopo lo strato di ghiaia previsto per assicurare un buon drenaggio. Allo strato di letame bisogna far seguire uno strato di terreno prima di interrare la pianta, per evitare il contatto diretto delle radici con il letame. L’interro dello stallatico maturo ai piedi della clematide deve essere ripetuto annualmente all’inizio dell’inverno. Durante la stagione vegetativa, ogni 30-40gg, per migliorare e prolungare la fioritura, oltre ad intensificare le annaffiature, bisogna provvedere a fertilizzare il terreno con concime liquido a base di fosforo e potassio, da diluire nell’acqua destinata alla innaffiatura.

Potatura clematide.

Come per la totalità delle specie rampicanti, bisogna distinguere tra le varietà che fioriscono sugli steli dell’anno e quelle che fioriscono sui rami dell’anno precedente, intervenendo rispettivamente prima o dopo la fioritura, ossia a fine inverno-inizio primavera o in autunno. L’intensità dell’intervento dipende dalla vigorosità della piante e dallo spazio a disposizione o che si intende destinare alla pianta. Circa la tecnica, per il rampicante che fiorisce sui rami dell’anno, l’intervento sarà drastico per favorire l’emissione di nuovi getti, mentre per la varietà che fiorisce sui rami dell’anno precedente, con la potatura bisogno risparmiare i nuovi getti, cui fa capo l’onere della fioritura per il prossimo anno, limitando l’intervento ai rami che hanno portato i fiori nel corso dell’anno. In ogni caso, anche in assenza di potatura che potremmo definire di produzione, a fine inverno è d’obbligo una di pulizia e contenimento con la quale si provvede ad eliminare gli steli danneggiati dal freddo e gli eventuali rami secchi o malati, nonché ridimensionare gli steli più lunghi se necessario.

Pacciamatura.

La massa radicale delle clematide rampicante va protetta in presenza di condizioni climatiche estreme, caratterizzate sia da troppo caldo che da troppo freddo, mediante un intervento di pacciamatura da realizzare ai piedi della pianta con agritessuto, in mancanza di elementi naturali, come fogliame, fieno o paglia.

Moltiplicazione della clematide.

Per talea, propaggine, innesto e per seme. Come per la quasi totalità di rampicanti, anche per la propagazione della clematide si preferiscono le tecniche agamiche, quali la talea, la propaggine, l’innesto, soprattutto a livello amatoriale. Sono tecniche più semplici da praticare e che presentano l’indubbio vantaggio di assicurare nuove piante con le stesse caratteristiche della pianta madre. Le talee di 10-12 cm prelevate da tralci semilegnosi da giugno a settembre vengono messe a radicare in un terriccio di torba e sabbia in parti eguali. Una volta che hanno radicato vengono estirpate e piantate in contenitori singoli dove restano fino alla fine dell’estate successiva, quando vengono rinvasate nella dimora definitiva in vaso o piena terra. Con la propaggine, durante la stagione primaverile, da tralci basali lunghi e flessibili si realizzano nuove piantine, mentre il ramo continua ad essere alimentato dalla pianta madre. In pratica, il ramo viene piegato e interrato nel punto di massima curvatura a 25-35cm dall’apice. Per evitare che il ramo torni alla posizione iniziale, viene tenuto fermo nel terreno fissandolo ad un tutore (picchetto) o ponendoci sopra un sasso, nel punto d’interro. Dopo 8-12 mesi, quando il ramo ha messo le radici lungo i tratto interrato, viene separato dalla pianta madre e messo nella nuova dimora generando una nuova pianta. Per informazione sulla riproduzione per seme e sull’innesto, e per approfondimenti sulla talea e propaggine, potete consultare le rispettive le guide: “Semina”, “Innesto”, “Talea”, “Propaggine”.

Malattie e parassiti della clematide rampicante.

Oidio, afidi e lumache. Lo oidio o mal di bianco si presenta sotto forma di una polvere biancastra che si accumula sulla massa fogliare, provocandone antiestetiche deformazioni. Si previene assicurando alla pianta un ambiente asciutto e ventilato, riducendo le annaffiature, migliorando il drenaggio del terreno. Si combatte con specifici anticrittogamici, senza mancare di recidere materialmente le parti della pianta colpite dalla patologia. Gli afidi, conosciuti come pidocchi delle pianta, sono piccolissimi insetti che vivono in colonie nutrendosi della linfa della pianta e le cui punture diventano potenziali veicoli di virus e malattie fungine. Si combatto con insetticidi e tagliando i rami particolarmente infestati. Circa la prevenzione, le accortezze sembrano essere in contraddizione con quelle viste per il mal di bianco, in quanto gli afidi proliferano in presenza di un ambiente particolarmente caldo e asciutto, a differenza dello oidio che è favorito, come abbiamo visto, dalla presenza di umidità. Bisogna, pertanto, trovare il giusto equilibrio tra le due esigenze. Le lumache, che si nutrono della parte aerea della pianta, in genere vanno rimosse manualmente, senza ricorrere a prodotti chimici. Per approfondimenti su come riconoscere, combattere e prevenire lo oidio e gli afidi, potete consultare rispettivamente le guide: “Afidi”, “Oidio”.

Clematide rampicante in vaso.

Valgono le pratiche colturali viste per la coltivazione in piena terra. In particolare, bisogna regolare gli interventi di concimazione e annaffiatura alla limitatezza del substrato di cui dispone la clematide in vaso. Le radici non sono libere di espandersi in profondità alla ricerca di terreno più fresco e ricco di elementi nutritivi. A questi limiti bisogna sopperire ad opera dell’uomo. Altra accortezza importante per la clematide in vaso è quella di preservare le radici, assicurando al vaso una posizione a mezzombra durante l’estate. Le radici delle piante in vaso sono, infatti, più esposte alle escursioni termiche, in quanto godono di minore protezione rispetto all’ambiente esterno. Bisogna optare per un contenitore capiente per larghezza e profondità, ma nello stesso momento bisogna orientare la scelta verso specie che da adulte presentano una dimensione compatibile con il tipo di coltura. Insomma, clematide che da adulte non superano i 2m di altezza. Il vaso oltre che capiente, deve essere stabile, ossia presentare una buona base di appoggio.

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